domenica 15 febbraio 2009

La critica del "Manifesto".


Venerdì 13 c'è stata a Roma la conferenza stampa di presentazione di Aspettando il Sole, in uscita (finalmente) nelle sale italiane il venti di febbraio (venerdì prossimo).
Molti sono stati gli articoli di giornale, gli articoli internet e i segtrvizi tv che hanno raccontato l'evento e parlato (tutti positivamente) del film.
Però una critica ci ha colpito particolarmente: quella di Silvana Silvestri, critica da sempre molto apprezzata, da noi del team, del Manifesto.
La riportiamo (davvero emozionati) per intero:

APERTURA | di Silvana Silvestri
ANTEPRIME
Un esordio innamorato dei generi e dei suoi attori
«Aspettando il sole» di Ago Panini
Un bell'esordio. A vedere tutti gli interpreti di «Aspettando il sole» di Ago Panini (esce il 20 per Mikado) sappiamo di trovarci di fronte a uno di quei rari casi in cui si mettono in bella mostra i nostri migliori interpreti. Ce ne sono tanti, come in un catalogo da sfogliare, come in un album delle figurine, l'album del 1982, data in cui è ambientato il film, tutto girato in un hotel da strada statale, nelle cui stanze succedono fatti imprevedibili. Uno dopo l'altro entrano in scena Claudio Santamaria, Michele Venitucci (Alessandro Tiberi lo lasciano fuori a controllare la macchina) sfrontati di fronte a un ligio portiere di notte, Giuseppe Cederna e poi Raul Bova e Bebo Storti con Vanessa Incontrada, Corrado Fortuna e Sergio Albelli, Rolando Ravello, Claudia Gerini in desabillé, Gabriel Garko e Raiz ex Almamegretta. Nelle stanze dopo un po' ci accorgiamo che stiamo assistendo non a cronache notturne, ma alla decomposizione di qualcosa di cui possediamo il modello, i film di riferimento e insieme al disfacimento di una società. Come in un gioco di specchi nelle stanze la tv accesa manda inascoltati programmi che in qualche modo si riferiscono a quello che sta accadendo (e non sempre si tratta di situazioni edificanti): film di genere, come di genere sono le storie che stanno vivendo i protagonisti: il gangster, il porno, il sadomaso, il drammone sentimentale, intrecciati in un unico sapore di rovina generale, con un umorismo alla Max Bunker (o meglio alla Ago Panini che ha scritto la storia, con Remmert e Giglio). Quei personaggi che vediamo siamo tutti noi negli anni ottanta, quando stavamo per essere travolti da una imponderabile calamità epocale, conniventi. Dal tempo delle televendite a quello in cui tutto è stato messo in vendita: quei personaggi sono un catalogo di caratteri rigidi, perversi, incapaci, violenti, e insieme alludono a film di un grande passato poi completamente disfatto (dove Ravello gioca un pauroso contrappasso di Umberto D, Bebo Storti evoca la virata di Tinto Brass, Raul Bova in una impressionante interpretazione rifà Anna Magnani alla Cocteau, Santamaria potrebbe essere il Marlon Brando selvaggio decaduto e Cederna il portiere di notte nazista nell'intimo). Chiediamo ad Ago Panini se questa lettura politica del film come salto nel buio fa parte della sua idea originaria del film: «Il 1982, dice, è un anno strano, in cui ci si poteva perdere, dove non c'erano telefonini né internet, potevi non connetterti. É un punto di non ritorno, iniziava la tv commerciale, in più era l'anno dei mondiali. In senso politico il film potrebbe significare: aspettiamo il risveglio. Contiene piccole rivoluzioni per come è stato girato e prodotto. Forse non si può neanche inserire nel genere «cinema italiano», che è un genere a sé, ma si tratta di un piccolo film di genere innamorato dei generi». Panini che per guadagnarsi la vita ha lavorato a lungo («e senza vergognarmene») nella pubblicità vera, dalla Fiat alla Coca Cola, produce con Mikado, anche se ci sono voluti quasi dieci anni per portare a termine il progetto, ha ottimizzato scientificamente il lavoro in trenta giorni di girato in set separati. Gli interpreti sono stati messi di fronte a personaggi diversi dai loro soliti ruoli: «L'idea, dice Panini, era quella di fare un film corale. Io sono appassionato degli interpreti che hanno ruoli diversi, come Jack Lemmon in Missing. Nessuno crederà a una storia dove Raoul Bova viene abbandonato, mi dicevano, o Gabriel Garko è un debole o Vanessa Incontrada una porno star: Il difetto del cinema italiano è che ci sono pochi personaggi. Il film vuole esprimere una umanità spezzata che sta ai margini delle statistiche».
A ognuno sono toccati quattro giorni di riprese (un po' di più per le scene girate nella hall) e tutti hanno dovuto mettere mano ai loro soliti ruoli (tranne Ravello, crediamo, che è comunque e dovunque immerso in atmosfere agghiaccianti). «Nel film sono quello che non vorrei essere, dice Santamaria, un grezzo, uno che vorrebbe essere più di quello che è. Mi ricordo di averne incontrati, quando si passava tanto tempo per strada, di quelli che si credevano di essere chissà chi. Abbiamo fatto prove molto interessanti per sviluppare i personaggi». E questo è stato un elemento apprezzato anche da Gabriel Garko, prima scettico di fronte a un esordio a basso costo, poi affascinato dalla rara possibilità di poter lavorare sul suo personaggio fino a trasformarlo. E sorpreso come Albelli dall'atmosfera creata nella stanza del porno, dove un cinico punto di vista sull'ambiente diventa a un tratto lieve e poetico (e Bebo Storti è un grande metteur en scène). Massimo De Lorenzo, imbonitore della prima ora, sembra un pezzo di repertorio da tv commerciale, poi interagisce e ci accorgiamo che siamo ormai imprigionati all'epoca di Michele il Magnifico.


Non appena avremo i nomi esatti delle sale in cui Aspettando il Sole uscirà le comunicheremo.
Ma già giungono, attraverso la mail info@aspettandoilsole.it, notizie di pullman organizzati per raggiungere i cinema più vicini ai centri in cui il film non riuscirà ad essere, mentre il gioco interettivo Re-Movie presente sul sito www.aspettandoilsole.it, ha trovato grande eco sulla stampa ed è frequentatissimo.

Manca, poco, davvero.